Perché la cannabis potrebbe rappresentare il futuro dell’energia rinnovabile

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Modificato il: 28/03/2023

Energia rinnovabile: la cannabis potrebbe rivelarsi un ottimo alleato per la green economy

La cannabis coltivata al livello industriale può avere diversi impieghi a basso impatto sull’ambiente: tra questi, la produzione di energia rinnovabile sotto forma di etanolo e biodiesel, ma non solo.

La preoccupazione per i rischi del cambiamento climatico sta portando alla ricerca di alternative rispetto alle modalità di produzione di energia attuali, basati ancora troppo su risorse finite e a elevato impatto come il petrolio o il carbone.

Ecco perché l’uso di una pianta versatile e piena di risorse come la cannabis anche a questo scopo non dev’essere sottovalutata.

In questo articolo vedremo di approfondire la questione.

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Cannabis: una pianta green e piena di risorse

La pianta della cannabis ha già di per sé una serie di caratteristiche che la rendono green come poche altre coltivazioni al mondo.

Quali?

In primo luogo, ha bisogno di pochissima acqua: rispetto a una coltivazione di cotone di pari grandezza, consuma il 50% di acqua in meno.

La canapa non ha bisogno di troppi pesticidi e sfrutta meno il suolo rispetto ad altre piante; al contrario, un ettaro di coltivazione è in grado di assorbire ben 22 tonnellate di anidride carbonica, quattro volte di più rispetto agli alberi comuni.

La cannabis, inoltre, restituisce al terreno buona parte dei nutrienti che preleva dal suolo, fino al 60%! 

La definizione di ‘maiale vegetale‘ che viene spesso data a questa pianta è dunque legittima: la cannabis può essere sfruttata in mille modi e produce pochissimi scarti, spesso riutilizzabili.

Non a caso è considerata la pianta che fornisce la maggior quantità di biomateriale.

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Etanolo e biomasse: la cannabis come carburante

Le coltivazioni di cannabis industriale possono essere sfruttate per ottenere un ottimo combustibile ecologico e come potenziale fonte di energia rinnovabile.

Grazie all’eccellente rendimento per ettaro (circa 20 tonnellata in 4 mesi) e all’elevato contenuto di cellulosa (77% circa nella varietà sativa), la cannabis potrebbe diventare una fonte preziosa e indispensabile come combustibile rinnovabile nella forma di etanolo.

L’etanolo è un tipo di carburante che deriva dai prodotti vegetali, il cui impatto sull’ambiente è decisamente ridotto rispetto a benzina e diesel. Può essere prodotto al livello industriale attraverso i processi di fermentazione o pirolisi e garantisce un’ottima resa permettendo di aumentare il numero di ottoni senza dover usare additivi al piombo.

L’etanolo che deriva dalla cellulosa delle piante della cannabis, per le sue caratteristiche tecniche e l’impatto ridotto delle coltivazioni, è potenzialmente uno dei carburanti più sostenibili.

Il biodiesel prodotto dalla cannabis ha caratteristiche simili a quelle del diesel prodotto dal petrolio, ma produce livelli più bassi di monossido di carbonio e fino al 75% in meno di particolato.

Il diesel prodotto da olio di semi di canapa, inoltre, ha una resa maggiore rispetto a quella di oli alternativi (colza, girasole, etc.): 800 litri per ettaro all’anno.

L’interesse verso la canapa da parte dell’industria dell’energia è sempre crescente, come dimostrano diverse iniziative. La start-up francese Quantum Energy ha di recente investito oltre 18 milioni di euro per produrre metano e idrogeno dalla cannabis attraverso un processo chiamato pirogassificazione, cioè la conversione termochimica di un combustile solido o liquido in gas attraverso aria, ossigeno o vapore.

Uno studio del 2011 pubblicato sulla rivista Biomass e Bioenergy ha evidenziato che il rendimento della biomassa di canapa è del 120% superiore a quella della paglia di frumento: un’ulteriore prova dell’importanza della canapa nella produzione di biocarburanti.

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Cannabis per la produzione di gas rinnovabile e nella fitorimediazione di metalli pesanti

Le proprietà della cannabis possono essere sfruttate anche per produrre gas rinnovabile.

Si calcola che da mezzo ettaro si possano ricavare oltre 200 BTU (unità termica britannica), in grado di garantire una resa di circa 60mila kilowatt all’ora.

Allo stesso tempo, la pianta è nota anche per le già accennate caratteristiche ‘fitorimedianti’. La fitorimediazione è un processo che permette di bonificare i territori dall’inquinamento urbano e industriale. Facendo crescere piante come la cannabis in terreni inquinati, è possibile rimuovere sostanze pericolose come i metalli pesanti senza utilizzare metodi chimici invasivi e pericolosi. 

Questo processo fa sì che la pianta ‘sequestri’ i metalli pesanti e li conservi al suo interno: come testimoniano diverse sperimentazioni, tra cui il progetto Bio SH.FE.RE guidato dal professor Vito Gallo del Politecnico di Bari, le varietà più efficaci a depurare i terreni potrebbe poi fornire:

  • materiale per la bioedilizia;
  • biomassa per la produzione di energia;
  • ceneri arricchite di preziosi materiali.

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Conclusione

Le tante potenzialità della cannabis potrebbero contribuire alla produzione di energia rinnovabile in brevissimi tempi.

Dalle biomasse all’etanolo, dal gas rinnovabile fino alla bioedilizia, gli impieghi delle tante varietà di cannabis sono molteplici. In un contesto in cui la necessità di ridurre gli sprechi e l’inquinamento dovuto all’uso di combustibili fossili è sempre più pressante, ecco che la pianta della cannabis potrebbe rappresentare uno strumento fondamentale nella transizione verso l’uso quasi esclusivo di energia sostenibile.

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