Il consumo di cannabis in Italia: un’analisi tra dati ufficiali, percezione pubblica e quadro normativo

Il consumo di cannabis in Italia: un’analisi tra dati ufficiali, percezione pubblica e quadro normativo | Just Bob

Pubblicato il: 09/12/2025

L’uso di cannabis in Italia resta in vetta tra le sostanze psicoattive, con un calo lieve tra i giovani nell’ultimo anno rilevato

La cannabis resta la sostanza illecita più diffusa in Italia, una prevalenza in lieve calo rispetto al 22% del 2023, ma ancora la più alta in Europa. Negli ultimi mesi, il panorama normativo ha subito cambiamenti radicali: l’entrata in vigore del Decreto Sicurezza nel 2025 ha vietato la commercializzazione di infiorescenze di canapa e derivati estratti dai fiori, rompendo con la precedente giurisprudenza che valutava la liceità sull’assenza di effetto stupefacente.

In questo articolo informativo, oltre a dare uno sguardo ai dati di consumo e alle norme in vigore, vedremo la differenza tra THC (psicoattivo) e CBD (non psicoattivo).

Il nostro obiettivo è offrire informazioni scientifiche a chi cerca notizie su consumi, rischi e quadro legale della cannabis in Italia, avendo ben in mente la complessità di un tema dove dati epidemiologici, percezione sociale e disposizioni di legge si intersecano in continua evoluzione.

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Consumo di cannabis: alcuni dati ufficiali recenti

I dati forniti dalla recente Relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze in Italia indicano che, durante l’ultimo anno, il consumo di cannabinoidi da parte di studenti tra i 15 e i 19 anni è sceso dal 22% al 21%, segnando una lieve flessione rispetto all’anno precedente.

Nel complesso, quasi uno studente su quattro ha fatto uso di una sostanza psicoattiva illegale nell’ultimo anno, con differenze di genere e pattern di policonsumo che restano fenomeni da osservare con attenzione.

La maggioranza dei sequestri di droga in Italia riguarda proprio la cannabis e i derivati, confermando l’ampiezza del mercato e l’attenzione prioritaria delle forze dell’ordine su questa filiera. Le stime di prezzo e principio attivo evidenziano stabilità al dettaglio e livelli di THC più alti nella resina rispetto alle infiorescenze, un’informazione utile per le campagne di riduzione del danno e di consapevolezza sul rischio.

Alcuni dati recenti sulle acque reflue indicano circa 52 dosi giornaliere per 1.000 abitanti attribuibili a cannabis e derivati, il che segnala una presenza della sostanza diffusa e relativamente stabile nel tempo.

I dati provengono dunque da tre fonti diverse: quello che i ragazzi dichiarano nei sondaggi, i sequestri e i prezzi del mercato, e le tracce di cannabis trovate nelle acque reflue delle città. Tutte e tre le fonti concordano: la cannabis è molto diffusa, ma non sta aumentando significativamente negli ultimi tempi.

Consumo di cannabis tra la popolazione studentesca

Le indagini ESPAD Italia relative al 2023 offrono un ulteriore quadro sui comportamenti a rischio degli studenti, inclusa la cannabis ad alto contenuto di THC.

La quota di ragazzi che dichiarano di aver provato cannabis almeno una volta nella vita rispetto a quelli che l’hanno usata con continuità nell’ultimo anno, segno che molti si limitano a sperimentare la sostanza senza diventare consumatori abituali. La comunicazione scientifica sul rischio deve quindi calibrare linguaggio e priorità: distinguere tra uso sperimentale, occasionale e frequente, e sottolineare il possibile impatto del THC su memoria, attenzione e vulnerabilità psichica in cervelli in sviluppo.

Cannabis e quadro legislativo: una rapida analisi

Detto in modo breve, il d.P.R. 309/1990 disciplina uso di sostanze stupefacenti e sanzioni relative, mentre con la legge 242/2016 veniva promossa la filiera della canapa industriale per utilizzi vari: fibra, alimenti da semi, cosmetica, bioedilizia e produzione agricola di semi.

Con l’entrata in vigore del Decreto Sicurezza, nell’aprile 2025, il quadro normativo ha subito una svolta: le modifiche agli articoli 1 e 2 della legge 242/2016 escludono espressamente dal campo di applicazione della norma tutte le attività relative alle infiorescenze di canapa, anche se ottenute da varietà certificate e con THC inferiore allo 0,5%, a eccezione del solo utilizzo comprovato per la produzione agricola di semi. Questo significa che importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto e detenzione di infiorescenze ricadono ora sotto il d.P.R. 309/1990, con applicazione delle relative sanzioni penali.

Qualche dato sul consumo di cannabis in Italia e in Europa

Negli ultimi anni, come accennato, l’Italia si è posizionata tra i paesi con il consumo di cannabis più elevato in Europa, soprattutto nella fascia dei giovani. Il già citato 21% degli studenti italiani tra i 15 e i 19 anni che dichiara di aver usato cannabis nell’ultimo anno supera la media europea, che si aggira tra il 14% e il 17% per la stessa fascia d’età.

Nei principali paesi dell’Unione europea, come Francia, Spagna, Germania e Olanda, la percentuale di utilizzo tra gli adolescenti resta alta ma spesso inferiore rispetto all’Italia. Anche nella fascia adulta (18-34 anni), la diffusione italiana supera la media Ue. Nonostante questo, in quasi tutti i paesi europei si registra un trend stabile o in leggero calo, come avviene negli ultimissimi anni anche in Italia. I dati di consumo italiani ed europei confermano l’importanza di monitorare il fenomeno in modo costante e rafforzare le strategie di prevenzione nei confronti delle nuove generazioni.

Consumo di cannabis in Italia: immagine di esempio | Just Bob

Consumo di cannabis tra percezione pubblica e realtà

La percezione sociale del consumo di cannabis tende a oscillare tra allarmismo e sottovalutazione. Tuttora può ancora capitare di trovare persone poco consapevoli della differenza tra cannabis con THC e CBD privo di effetti psicotropi.

Alcuni dati ci mostrano che il rischio non dipende solo dalla diffusione, ma dalla concentrazione di THC, che può amplificare effetti acuti e complicanze psichiatriche nelle persone vulnerabili, un aspetto spesso trascurato nella percezione comune. Al tempo stesso, i segnali di lieve calo tra gli studenti suggeriscono efficacia di alcuni interventi educativi e di prevenzione mirata. Un approccio realmente efficace deve evitare sia la banalizzazione sia la stigmatizzazione, adottando metriche verificabili e un linguaggio chiaro su rischi, limiti legali e differenze tra categorie di prodotti.

Le politiche di riduzione del danno dovuto al consumo di cannabis devono dunque comprendere tanti aspetti diversi, a cominciare da una comunicazione chiara su potenza, frequenza e modalità d’uso, con avvertenze speciali per adolescenti, gravidanze e persone con vulnerabilità psichiatrica, coerenti con l’evidenza su THC e funzioni cognitive.

D’altro canto, c’è da dire che la quota di utenti SerD con cannabis come sostanza primaria resta minoritaria rispetto ad altre sostanze, ma richiede comunque interventi dedicati. A detta degli esperti, politiche efficaci devono essere in grado di combinare informazione scientifica e monitoraggio continuo della situazione, un approccio evita sia la banalizzazione dei rischi sia lo stigma che ostacola l’accesso a prevenzione e cura.

Cannabis CBD: quante persone sono consapevoli di cos’è?

L’abbiamo accennato: molte persone conoscono il termine CBD, ma non tutti sono davvero consapevoli della differenza tra CBD e THC. Il CBD non crea dipendenza, non modifica la percezione e non produce lo “sballo” della cannabis tradizionale, mentre il THC è responsabile degli effetti psicoattivi. Questa confusione ha delle conseguenze: la percezione comune mescola prodotti ben diversi, creando paura ingiustificata verso la cannabis light. Educare il pubblico su questa differenza non è solo una questione legale, ma anche di salute: una popolazione informata può fare scelte più consapevoli e consente ai servizi di sanità pubblica di applicare strategie di prevenzione più efficaci.

Nel lessico corrente “cannabis light”, “canapa light” e “cannabis legale” indicano prodotti derivati da canapa industriale con THC molto basso, se non nullo, e priva di alcun effetto stupefacente. La molecola caratterizzante è il CBD, non psicoattivo alle concentrazioni usuali. Nel 2025 diversi tribunali hanno chiarito un punto cardine: la cannabis light e i derivati con THC molto basso non sono stupefacenti se non producono effetti psicoattivi accertabili.

Di recente, il Tribunale di Trento ha richiamato i principi delle Sezioni Unite 2019, spiegando che l’articolo 18 del “decreto sicurezza” non introduce un nuovo reato e che la valutazione va fatta caso per caso sul cosiddetto “effetto drogante” concreto. In parallelo, altri provvedimenti di merito hanno disposto dissequestri quando analisi di laboratorio escludevano un’efficacia psicotropa, mentre il TAR Lazio ha sospeso tentativi di assimilare il CBD orale agli stupefacenti in assenza di basi tecnico‑scientifiche solide.

Nella pratica commerciale, i prodotti a base di cannabidiolo vengono proposti esclusivamente per uso tecnico, da collezione o per ricerca, in coerenza con le regole vigenti.

CBD e THC: i meccanismi biologici dei due composti

La differenza d’azione è marcata. Il THC agisce come agonista parziale dei recettori endocannabinoidi CB1, espressi nel sistema nervoso centrale, modulando il rilascio di neurotrasmettitori e andando a influenzare diverse funzioni cognitive, quali memoria di lavoro, attenzione e controllo esecutivo; gli effetti dose-dipendenti sono più marcati in cervelli in sviluppo.

L’aumento medio della potenza nei derivati resinosi implica inoltre un maggiore carico di THC per unità di consumo, un fattore che può amplificare ansia acuta, tachicardia, e, nei soggetti predisposti, scompensi psicotici transitori, in particolare in contesti di uso frequente.

Il CBD, contenuto per esempio nella canapa light, agisce su recettori diversi rispetto al THC e non provoca euforia, alterazioni della percezione o altri effetti psicoattivi. Alle dosi normali dei prodotti legali, il CBD non ha effetto stupefacente ed è per questo che diversi Paesi del mondo, dal punto di vista legale, lo considerano in modo completamente diverso dalla cannabis ad alto THC.

È fondamentale che le persone capiscano questa differenza: il THC altera la mente e può causare dipendenza, mentre il CBD non lo fa. Questa distinzione non è solo teorica ma ha conseguenze concrete sia dal punto di vista legale (cosa è permesso vendere e acquistare) sia sanitario (quali sono i rischi reali per la salute).

Immagine evocativa consumo cannabis in Italia | Just Bob

Possibili usi sanitari e farmacologici del CBD

Gli studi scientifici sul CBD si concentrano su diverse patologie: epilessia farmacoresistente, disturbi d’ansia, infiammazioni croniche e dolore neuropatico. Le prove più solide riguardano alcune forme di epilessia pediatrica, dove farmaci a base di CBD hanno ottenuto autorizzazioni in diversi paesi. Studi in corso valutano applicazioni su disturbi del sonno e stress post-traumatico, ma senza autorizzazioni consolidate in Italia. È bene sottolineare che, nel nostro Paese, l’uso di farmaci a base di CBD richiede controllo medico e una prescrizione apposita: la cannabis terapeutica prescrivibile dal medico non è stata modificata dal Decreto Sicurezza 2025 e resta accessibile ai pazienti con patologie certificate​.

I prodotti CBD sul mercato non medico (per esempio l’olio di CBD), come accennato, non possono dichiarare proprietà terapeutiche e vanno venduti solo per uso tecnico, collezionistico o di ricerca. Conoscere la differenza tra farmaci cannabinoidi con prescrizione e articoli commerciali è fondamentale.

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Consumo della cannabis: sintesi e prospettive future

La cannabis in Italia rimane la sostanza illecita più diffusa, con il 21% degli studenti che ne ha fatto uso nell’ultimo anno, uno dei tassi più alti in Europa. I dati da fonti diverse concordano: la diffusione è elevata ma non sta crescendo.

La distinzione tra THC e CBD rimane centrale: se il THC produce effetti psicoattivi e rappresenta il rischio maggiore, soprattutto nei giovani, il CBD non ha effetto drogante e segue regole legali differenti. Molti italiani ancora confondono i due cannabinoidi, causando paura verso il CBD legale e sottovalutazione del THC pericoloso. A questo aggiungiamo che con il Decreto Sicurezza il panorama è cambiato, dato che ha vietato la commercializzazione di infiorescenze di canapa e derivati dai fiori, applicando normative molto più restrittive, anche se alcune sentenze recenti stanno riaprendo il dibattito.

A proposito, se vuoi restare sempre informato sulla cannabis legale e tutti gli argomenti relativi, continua a seguire Justbob.

Consumo della cannabis: takeaways

  • La cannabis si conferma la sostanza illecita più consumata in Italia, con il 21% degli studenti tra 15 e 19 anni che dichiara di averne fatto uso nell’ultimo anno, posizionando il paese tra quelli con i tassi più elevati in Europa, dove la media si attesta tra il 14% e il 17% per la stessa fascia d’età;
  • Il Decreto Sicurezza entrato in vigore nell’aprile 2025 ha segnato una svolta radicale nel panorama normativo, vietando la commercializzazione di infiorescenze di canapa e derivati estratti dai fiori, facendo ricadere queste attività sotto il d.P.R. 309/1990 con applicazione di sanzioni penali, indipendentemente dal contenuto di THC;
  • Persiste una diffusa confusione tra THC e CBD nella percezione pubblica, con molti italiani che non comprendono la differenza tra il THC responsabile degli effetti psicoattivi e il CBD privo di effetto drogante, una mancanza di consapevolezza che genera timori ingiustificati verso prodotti legali e sottovalutazione dei rischi associati alla cannabis ad alto THC.

Consumo della cannabis: FAQ

Quanto è diffuso il consumo di cannabis tra i giovani italiani?

Secondo la Relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze, il 21% degli studenti italiani tra 15 e 19 anni ha fatto uso di cannabis nell’ultimo anno, posizionando l’Italia tra i paesi con i tassi più elevati in Europa, dove la media si attesta tra il 14% e il 17%. La cannabis resta la sostanza illecita più diffusa nel paese, confermata da sequestri, analisi delle acque reflue (circa 52 dosi giornaliere per 1.000 abitanti) e indagini ESPAD. Nonostante l’elevata prevalenza, si registra una lieve flessione rispetto al 22% dell’anno precedente.

Come si confronta il consumo di cannabis in Italia rispetto all’Europa?

L’Italia si posiziona tra i paesi europei con il consumo di cannabis più elevato, specialmente nella fascia dei giovani. Il 21% degli studenti italiani tra 15 e 19 anni che dichiara di aver usato cannabis nell’ultimo anno supera significativamente la media europea, che si aggira tra il 14% e il 17% per la stessa fascia d’età. Nei principali paesi dell’Unione europea come Francia, Spagna, Germania e Olanda, la percentuale di utilizzo tra gli adolescenti resta spesso inferiore all’Italia. Anche nella fascia adulta (18-34 anni), la diffusione italiana supera la media europea, confermando l’importanza di monitoraggio e prevenzione mirata.

Qual è la differenza tra cannabis light con CBD e cannabis con THC?

La cannabis light con CBD contiene bassissime concentrazioni di THC (inferiore allo 0,5%) e il cannabinoide principale è il CBD, che non produce effetti psicoattivi, non crea dipendenza e non altera la percezione. La cannabis con THC produce invece effetti psicoattivi marcati: il THC agisce sui recettori CB1 del sistema nervoso centrale, alterando memoria, attenzione e controllo esecutivo, e può causare dipendenza e ansia. Dal punto di vista legale, la cannabis light è venduta per usi tecnici, collezionistici o di ricerca, mentre la cannabis ad alto THC rientra nella normativa sulle sostanze stupefacenti con sanzioni penali.