Modificato il: 15/07/2025
I cannabinoidi, ovvero le sostanze contenute nella marijuana (light e non) sono un toccasana per il fegato
La canapa light, come ben saprai, offre numerosi benefici all’organismo. L’erba legale, grazie ai cannabinoidi in essa contenuti (in particolare grazie al CBD) è rilassante, antidolorifica, antidepressiva… Ma non solo: influisce positivamente anche sulle malattie epatiche.
Sei scettico?
La nostra affermazione non è campata per aria ma si basa su diverse ricerche scientifiche (vedi le fonti in fondo all’articolo).
Il primo studio di cui ti vogliamo parlare è stato pubblicato nel 2018 sulla famosa rivista Liver International, la quale si occupa di promuovere studi clinici relativi all’epatologia.
Lo studio riguardante gli effetti positivi della cannabis sul fegato
Lo scopo di questo studio, svolto da numerosi ricercatori appartenenti all’Università del Massachusetts, all’Institut National de la Recherche Scientifique dell’Università del Quebec e a diversi ospedali (tra cui l’Howard County General Hospital), era di determinare gli effetti dell’uso di cannabis sull’incidenza delle malattie del fegato nelle persone che abusano di alcol.
I ricercatori hanno svolto delle indagini riguardo lo stato di salute di 319.514 pazienti di età pari e superiore ai 18 anni che avevano una storia passata o presente di alcolismo.
Al fine di analizzare l’incidenza dei cannabinoidi sulle malattie del fegato, gli studiosi hanno dunque suddiviso i pazienti in 3 gruppi:
- non consumatori di cannabis (90.39%)
- consumatori di cannabis non dipendenti (8.26%)
- consumatori di cannabis dipendenti (1.36%)
In base alle analisi svolte, è stato dimostrato che i consumatori di alcol che utilizzano anche marijuana hanno minori possibilità di sviluppare patologie epatiche anche importanti (tra cui, ad esempio, il temuto Epatocarcinoma HCC, tumore maligno del fegato) rispetto ai non utilizzatori.
Attenzione: questo non è un consiglio a fare abuso di alcol e scongiurare le malattie del fegato con la marijuana. Si tratta però di un modo per mostrarti quanto i cannabinoidi abbiano effetti positivi sul nostro organismo, anche in presenza di sostanze nocive come l’alcol.
Ma lo studio pubblicato su Liver International non è l’unica ricerca svolta sul rapporto tra cannabinoidi e fegato. Vediamo di seguito altre indagini a riguardo.
Le canne influiscono sul fegato? Il CBD può proteggere dalla steatosi epatica secondo studi recenti
Secondo uno studio condotto dai ricercatori della Icahn School of Medicine di Mount Sinai a New York, pubblicato dalla rivista Free Radical Biology and Medicine, “il cannabidiolo protegge il fegato dalla steatosi indotta dall’alcool”.
La steatosi epatica, chiamata anche fegato grasso, è un ingente accumulo di grasso nelle cellule epatiche. Questa condizione, che con il passare del tempo porta alla cirrosi, è spesso provocata dall’abuso di alcool.
Il CBD, secondo le analisi dei ricercatori, è capace di proteggere il fegato evitando l’accumulo di grasso in quanto favorisce particolari meccanismi. Tali processi sono i seguenti:
- l’inibizione dello stress ossidativo,
- l’aumento dell’autofagia cellulare, ovvero l’autoeliminazione delle cellule non necessarie o dannose per l’organismo.
Un ulteriore studio dimostra come il CBD contenuto nella marijuana o in sostanze da essa derivate, come l’hashish cbd, può proteggere il fegato dai danni dell’eccesso di cadmio.
Danni del cadmio sul fegato ed effetti positivi del CBD: ecco i dettagli sullo studio
La ricerca, condotta dai ricercatori della King Faisal University (Arabia Saudita), è stata pubblicata nel 2013 sulla rivista Journal of Trace Elements in Medicine and Biology.
Lo studio, condotto sui topi, dimostra l’effetto protettivo del CBD contro la tossicità epatica indotta da una singola dose di cloruro di cadmio (6,5 mg per kg).
Il trattamento con cannabidiolo (5 mg per kg una volta al giorno) è stato applicato per cinque giorni a partire da tre giorni prima della somministrazione del cadmio.
Il CBD somministrato ai topi ha svolto le seguenti funzioni:
- ridotto significativamente l’alanina aminotransferasi sierica (enzima intracellulare presente nel fegato che aumenta in presenza di danni epatici);
- soppresso la perossidazione lipidica epatica, ovvero la degradazione ossidativa dei lipidi;
- impedito l’esaurimento del glutatione (il quale presenta proprietà antiossidanti) e dell’ossido nitrico (gas che consente la comunicazione cellulare);
- favorito l’attività della catalasi, enzima molto importante per il nostro organismo;
- attenuato il livello di cadmio nel tessuto epatico.
L’esame istopatologico ha inoltre dimostrato come la lesione del tessuto epatico (provocata dalla somministrazione del cadmio) sia stata nettamente migliorata dalla cura con il CBD.
I ricercatori hanno dunque concluso che il cannabidiolo può rappresentare una potenziale sostanza protettiva del tessuto epatico dagli effetti tossici e dannosi del cadmio.
Tale metallo pesante è presente nell’acqua, nell’aria e perfino nella crosta terrestre e viene spesso assorbito dalle colture agricole (e di conseguenza ingerito dall’uomo e dagli animali).
Una volta assunto è molto difficile da smaltire (il tempo di smaltimento può andare dai 10 ai 30 anni) e nei casi più gravi può portare a infezioni all’apparato gastrointestinale, infezioni ai polmoni o addirittura alla morte.
Cannabis, epatite e danni al fegato: qual è il ruolo dei cannabinoidi nella protezione epatica?
L’epatite, in particolare l’epatite C, rappresenta una delle principali cause di danni al fegato nel mondo. Questa malattia virale, spesso silente per anni, può condurre a cirrosi, insufficienza epatica o addirittura epatocarcinoma. Ma qual è il ruolo della cannabis – e dei suoi composti principali come il CBD e il THC – nella gestione di queste condizioni?
Numerosi studi recenti suggeriscono che il cannabidiolo possa svolgere un’azione positiva nel trattamento delle epatiti, grazie alla sua capacità di ridurre l’infiammazione, limitare la tossicità epatica e modulare il sistema endocannabinoide tramite i suoi recettori specifici. In particolare, il CBD si è mostrato utile nel contrastare gli effetti dannosi dell’etanolo e delle tossine derivanti da virus o da un eccessivo consumo di alcol.
L’uso terapeutico della cannabis nelle persone affette da epatite è ancora oggetto di studio, ma i primi risultati indicano una diminuzione del rischio di progressione verso la cirrosi in soggetti che integrano il trattamento classico con cannabinoidi a basso dosaggio. In particolare, la combinazione di CBD e THC in dosi controllate può migliorare la funzione epatica e sostenere la produzione e il corretto flusso della bile, supportando così l’intero organo epatico nel suo ruolo di filtro e regolatore del corpo umano.
Un altro fatto interessante riguarda la prevalenza di disturbi epatici in soggetti che fanno fumo o consumo regolare di cannabis. Alcune ricerche mostrano che, contrariamente a quanto si pensava in passato, la maggior parte di questi soggetti non sviluppa danni epatici significativi, anzi: il consumo controllato può offrire effetti epatoprotettivi, specialmente se confrontato con i danni provocati da farmaci, alcool o esposizione cronica a sostanze tossiche.
Questo articolo non ha l’intento di sostituirsi a un consulto medico, ma fornisce informazioni preziose sul potenziale della cannabis, in particolare del cannabidiolo, nella riduzione del rischio di problemi al fegato. Ulteriori ricerche sono in corso per determinare il numero ideale di pazienti da coinvolgere nei trial clinici e stabilire protocolli efficaci nel trattamento delle epatopatie.
Conclusioni
Il CBD, contenuto in elevate quantità nella cannabis light, può essere un grosso alleato per il benessere del fegato e la prevenzione e controllo di patologie epatiche, sia in caso di alcolismo che in caso di ingestione di sostanze fortemente tossiche come il cadmio.
Allora cosa aspetti?
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Fonti:
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/liv.13696
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0891584913015670
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0946672X13000953