La posizione di Trump sul CBD: il rilancio di una molecola ancora troppo bistrattata

La posizione di Trump sul CBD: il rilancio di una molecola ancora troppo bistrattata | Just Bob

Pubblicato il: 03/11/2025

È una presa di posizione che si inserisce nel più ampio confronto internazionale tra scienza, cultura e politiche sanitarie in evoluzione

Di recente, il presidente Donald Trump, con una dichiarazione che ha destato una certa sorpresa, ha riacceso il dibattito internazionale sul cannabidiolo. Il suo post sui social ha scosso mercati e opinioni pubbliche: la sostanza, estratta dalla canapa e senza effetti psicotropi, viene descritta dal presidente degli Stati Uniti come una potenziale rivoluzione per la salute degli anziani e alternativa ai farmaci tradizionali. Le parole di Trump arrivano in un momento in cui in molti Paesi occidentali il CBD continua a essere oggetto di restrizioni normative che ne ostacolano la diffusione, nonostante le crescenti evidenze scientifiche sulle sue proprietà terapeutiche.

Il post condiviso da Trump ha avuto ripercussioni sulle azioni di alcune aziende del settore: Canopy Growth e Tilray hanno registrato incrementi del 20%, mentre l’ETF AdvisorShares Pure U.S. Cannabis è schizzato in alto del 20,6%.

L’entusiasmo dei mercati riflette le aspettative di una possibile svolta normativa negli Stati Uniti, dove il presidente aveva già sostenuto la riclassificazione della cannabis per ridurre le restrizioni federali.

In questo articolo informativo di Justbob, vediamo perché le dichiarazioni di Trump sul CBD hanno fondamento scientifico, partendo dall’interazione tra la molecola e il sistema cannabinoide umano.

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Il sistema endocannabinoide e il funzionamento del CBD

Per comprendere gli effetti del cannabidiolo nel corpo umano, dobbiamo parlare del sistema endocannabinoide, un meccanismo di comunicazione cellulare scoperto solo di recente, durante gli anni Novanta. Si tratta di un sistema in cui endocannabinoidi, recettori e enzimi lavorano insieme per mantenere l’organismo in equilibrio, una condizione nota come omeostasi. I recettori principali sono i CB1, localizzati soprattutto nel sistema nervoso centrale, e i CB2, distribuiti invece nei tessuti periferici e nel sistema immunitario.​

Il sistema endocannabinoide contribuisce a regolare funzioni come il dolore, l’umore, lo stress, il sonno, l’appetito, oltre a influire sulla risposta infiammatoria. Gli endocannabinoidi principali prodotti naturalmente dal corpo sono l’anandamide e il 2-arachidonilglicerolo, molecole che fungono da messaggeri chimici. Qui sta una differenza fondamentale tra il CBD e il THC: mentre quest’ultimo si lega direttamente ai recettori CB1 causando effetti psicoattivi, il cannabidiolo agisce prevalentemente sui recettori CB2 presenti nel sistema immunitario, sui recettori della serotonina e sui recettori vanilloidi implicati nella percezione del dolore.​ Ecco spiegato perché il CBD non produce alterazioni dello stato mentale.

Negli ultimi anni, il cannabidiolo ha suscitato molto interesse nella comunità scientifica per la sua capacità di supportare il sistema endocannabinoide, essendo in grado di ripristinare, almeno parzialmente, alcune funzioni compromesse.

La ricerca ha prodotto negli ultimi anni un corpus crescente di studi che documentano le proprietà terapeutiche del cannabidiolo. Le evidenze più solide riguardano la riduzione del dolore cronico: il CBD sembra in grado di modulare la percezione del dolore attraverso l’interazione con i recettori del sistema endocannabinoide. Questa proprietà lo rende particolarmente interessante per ridurre i sintomi di pazienti affetti da artrite, dolori muscolari e mal di testa ricorrenti.​

Un altro ambito di ricerca particolarmente promettente riguarda le proprietà antinfiammatorie della sostanza. Uno studio dell’Università di Guelph del 2019 ha rivelato che due molecole presenti nella cannabis, la cannaflavina A e la cannaflavina B, combattono le infiammazioni con un’efficacia trenta volte superiore a quella dell’aspirina. Le due sostanze agiscono colpendo l’infiammazione nel suo punto di origine, senza produrre effetti psicoattivi. Le proprietà antiossidanti del cannabidiolo proteggono inoltre l’organismo dai danni dei radicali liberi, prevenendo quindi l’invecchiamento precoce.​

Gli studi sull’ansia e lo stress hanno dimostrato che il CBD può ridurre i sintomi attraverso l’influenza sui recettori della serotonina nel cervello: alcune ricerche controllate hanno evidenziato come la somministrazione di cannabidiolo prima di eventi stressanti riduca gli stati ansiosi. Una ricerca canadese condotta su 279 pazienti con sintomi da moderati a gravi ha rilevato miglioramenti piuttosto significativi di dolore, ansia e depressione dopo trattamento con prodotti ricchi di CBD.​

Il sonno rappresenta un altro ambito di applicazione documentato. Il cannabidiolo ha mostrato efficacia nel regolare i cicli sonno-veglia, offrendo benefici a persone affette da insonnia. Il meccanismo d’azione coinvolge la riduzione dello stress e dell’ansia, fattori che frequentemente compromettono la qualità del riposo. Le proprietà neuroprotettive del CBD aprono prospettive interessanti per il trattamento delle malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson, proteggendo le cellule nervose dallo stress ossidativo.​

La posizione di Trump su CBD: immagine di esempio | Just Bob

Il cannabidiolo per la popolazione anziana: Trump ha ragione?

La popolazione over 65 è il segmento demografico che potrebbe trarre i maggiori benefici dall’utilizzo del cannabidiolo. Le patologie legate all’invecchiamento trovano nel CBD un potenziale alleato per la gestione dei sintomi senza gli effetti collaterali pesanti tipici di molti farmaci tradizionali. Il video condiviso da Trump sottolineava come già circa il 20% degli anziani americani utilizzi prodotti a base di CBD per trattare dolore, artrite, disturbi del sonno e altre condizioni correlate all’età.​

Il declino cognitivo associato all’invecchiamento è una delle sfide sanitarie più critiche: diverse ricerche scientifiche indicano che il CBD agisce sulle risposte infiammatorie cerebrali e può migliorare le funzioni cognitive compromesse dall’età. Studi preclinici suggeriscono che il cannabidiolo può migliorare la memoria e rallentare la progressione del declino cognitivo, anche se sono necessari ulteriori studi clinici su esseri umani.​

Le proprietà analgesiche e antinfiammatorie risultano particolarmente rilevanti per gli anziani affetti da artrite e altre condizioni infiammatorie croniche. La capacità del CBD di ridurre l’infiammazione non solo allevia il dolore ma contribuisce a migliorare la mobilità e la qualità della vita. A differenza degli antinfiammatori non steroidei, che possono causare problemi gastrointestinali e cardiovascolari, il cannabidiolo presenta un profilo di sicurezza favorevole anche nei trattamenti a lungo termine.​

Anche la salute cardiovascolare negli anziani può beneficiare delle proprietà vasodilatatrici del CBD. Studi sottolineano che il cannabidiolo può ridurre la pressione sanguigna rilassando le pareti dei vasi sanguigni. L’approccio di Trump di proporre la copertura Medicare per i prodotti a base di CBD riflette dunque la crescente consapevolezza del potenziale terapeutico per la popolazione anziana.​

La molecola del CBD tra pregiudizi e normative restrittive

Il cannabidiolo continua a essere vittima di pregiudizi culturali che ne ostacolano la diffusione nonostante le evidenze scientifiche. La confusione tra CBD e THC alimenta timori infondati su una sostanza che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato sicura e priva di potenziale d’abuso. La netta differenza tra le due molecole fatica a penetrare nel dibattito pubblico, e le conseguenze si vedono sulle politiche regolatorie e sull’accesso dei pazienti ai trattamenti.​

Le differenze tra i due principali cannabinoidi risiedono, come accennato, nella struttura molecolare e nel meccanismo d’azione. CBD e THC condividono la stessa formula chimica con 21 atomi di carbonio, 30 atomi di idrogeno e 2 atomi di ossigeno (C₂₁H₃₀O₂); gli atomi sono disposti però in modo differente. Alcuni atomi che nel cannabidiolo sono disposti in modo lineare, nel THC sono disposti ad anello, una sottile differenza strutturale che determina profonde divergenze negli effetti biologici e psicologici.​

La disposizione del doppio legame chimico, una variazione apparentemente minima, fa sì che l’interazione delle due molecole con il sistema endocannabinoide sia molto differente: se il THC si lega direttamente ai recettori CB1 presenti principalmente nel cervello e nel sistema nervoso centrale, provocando euforia, alterazione della percezione spazio-temporale e possibile dipendenza psicologica, il CBD invece si lega soprattutto ai recettori CB2 presenti nel sistema immunitario, ai recettori della serotonina e ai recettori vanilloidi, senza produrre alcun effetto psicoattivo.

La capacità del CBD di interferire con l’azione del THC riducendone l’effetto psicotropo è un aspetto spesso ignorato nel dibattito pubblico: eppure, è la dimostrazione che il cannabidiolo può addirittura funzionare come agente protettivo contro gli effetti indesiderati del THC.

Nonostante le chiare evidenze scientifiche, la confusione persiste alimentata da campagne di disinformazione e dalla resistenza culturale ad accettare che dalla stessa30 pianta possano derivare molecole con effetti radicalmente opposti.

CBD: mercati finanziari e prospettive economiche

Come abbiamo detto, l’endorsement di Trump alla cannabis light ha innescato reazioni immediate sui mercati finanziari internazionali. Le azioni delle società attive nel settore cannabis hanno registrato incrementi considerevoli nelle ore successive al post presidenziale. Questi movimenti riflettono le aspettative degli investitori su possibili riforme normative che potrebbero sbloccare il potenziale commerciale di un settore finora limitato da vincoli federali.​

La rimozione delle restrizioni fiscali è l’obiettivo principale delle aziende del comparto legale. Attualmente negli Stati Uniti le società che operano con cannabis e derivati affrontano alcune limitazioni nell’accesso al credito bancario e deduzioni fiscali sfavorevoli. Una riforma che allineasse il trattamento fiscale della canapa legale a quello di altri settori potrebbe liberare risorse preziose per la ricerca e lo sviluppo di prodotti farmaceutici a base di CBD a fini terapeutici.​

Il rapporto di PricewaterhouseCoopers citato nel video condiviso da Trump stima risparmi potenziali di 64 miliardi di dollari annui per il sistema sanitario americano se i cannabinoidi venissero pienamente integrati nell’assistenza sanitaria. La proiezione si basa sulla possibilità che il CBD possa ridurre la dipendenza da farmaci oppioidi e altri medicinali costosi utilizzati per gestire dolore cronico e disturbi del sonno.​

Le prospettive di crescita del mercato globale del CBD possono potenzialmente attrarre investimenti non di poco conto: le proiezioni indicano che nei prossimi anni il settore potrebbe raggiungere dimensioni multimiliardarie, trainato dall’aumento della domanda per prodotti naturali e dalla progressiva rimozione delle barriere normative in diversi Paesi.​

Tutto sta nel capire in che modo la scienza potrà sfruttare questa molecola non psicoattiva per produrre farmaci e cosmetici efficaci e sicuri.

Immagine evocativa Trump e CBD | Just Bob

CBD: il dibattito politico e le divergenze internazionali

La posizione di Trump sul CBD ha riacceso il confronto politico americano sulla cannabis e i suoi derivati. Figure come Robert F. Kennedy Jr. stanno promuovendo trattamenti basati su prodotti di origine vegetale, mentre un funzionario della Casa Bianca ha dichiarato che la riforma della cannabis può essere considerata “buona politica”, indicando che l’amministrazione Trump potrebbe procedere con proposte di riclassificazione tuttora bloccate.​

Il contrasto tra l’approccio americano e quello di altri Paesi evidenzia filosofie regolatorie opposte. Mentre gli Stati Uniti si muovono verso maggiore permissività e integrazione del CBD nel sistema sanitario, altri governi hanno scelto la via della proibizione, equiparando prodotti non psicoattivi a sostanze stupefacenti. Questa divergenza pone interrogativi sulla coerenza delle politiche di governi che dichiarano di condividere orientamenti simili in altri ambiti.​

Alla base delle restrizioni di alcuni paesi ci sono le preoccupazioni sulla sicurezza pubblica, legate a presunti rischi di alterazione psicofisica. Queste argomentazioni ignorano però le evidenze scientifiche che distinguono nettamente il CBD dal THC in termini di effetti sul sistema nervoso​.

Il problema è che le scelte regolatorie dei diversi governi si ripercuotono su imprenditori e lavoratori del settore. Il paradosso è che sostanze considerate sicure dall’OMS vengono trattate come pericolose, mentre farmaci oppioidi con comprovati rischi di dipendenza rimangono facilmente accessibili.​

La presa di posizione del presidente statunitense potrebbe però riaprire il dibattito non solo a livello scientifico, ma anche a livello politico, a patto che il legislatore sia disposto ad ascoltare cosa dice la ricerca a proposito del CBD.

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Il ruolo della ricerca e delle politiche sanitarie nel futuro del cannabidiolo

Il “rilancio” del cannabidiolo da parte del presidente Trump ha segnato un momento importante, a livello globale, nel percorso di riconoscimento scientifico e normativo di questa preziosa molecola. Le reazioni dei mercati finanziari e il dibattito politico innescato dimostrano quanto sia rilevante il tema per economia, sanità e società. Le evidenze scientifiche accumulate negli ultimi anni forniscono basi solide per considerare il CBD uno strumento terapeutico valido, in particolare per la popolazione anziana affetta da condizioni croniche.​

Il contrasto tra l’apertura di Trump e le restrizioni in vigore in altri Paesi, per esempio la Thailandia, evidenzia come fattori culturali e politici prevalgano talvolta sulle evidenze scientifiche. Questa divergenza penalizza tutti quei pazienti che potrebbero beneficiare di trattamenti col CBD (ovviamente sotto stretto controllo medico) e le imprese che operano in un settore con ottime potenzialità. La distinzione tra cannabis legale e varietà con THC dovrebbe dar vita a politiche regolatorie proporzionate, che proteggano la salute pubblica senza ostacolare l’accesso a sostanze non psicoattive riconosciute sicure.​

La ricerca scientifica continuerà a esplorare le applicazioni terapeutiche del cannabidiolo, fornendo dati sempre più robusti sui meccanismi d’azione e l’efficacia clinica. Gli investimenti in studi clinici controllati di alta qualità permetteranno di superare le incertezze residue e definire protocolli terapeutici standardizzati.​

Il futuro del CBD dipenderà dalla capacità di costruire impianti normativi basati su evidenze scientifiche, che garantiscano qualità e sicurezza dei prodotti senza impedirne l’accesso. La formazione dei professionisti sanitari e l’educazione del pubblico sono i passi necessari per realizzare il potenziale terapeutico documentato dalla ricerca.

La posizione per certi versi inaspettata di Trump potrebbe accelerare questo processo negli Stati Uniti, offrendo un modello che altri Paesi potrebbero valutare per superare approcci eccessivamente restrittivi e abbracciare le possibilità offerte da una molecola con potenzialità ancora inespresse.

La posizione di Trump sul CBD: takeaways

  • Il presidente Trump ha riacceso il dibattito internazionale sul cannabidiolo descrivendolo come potenziale rivoluzione per la salute degli anziani e alternativa ai farmaci tradizionali, provocando reazioni immediate sui mercati con incrementi del 20% per aziende come Canopy Growth e Tilray;
  • Il cannabidiolo agisce sui recettori CB2 del sistema immunitario senza produrre effetti psicoattivi e le ricerche documentano proprietà terapeutiche nella riduzione del dolore cronico, dell’infiammazione con efficacia trenta volte superiore all’aspirina, dei sintomi di ansia e stress, oltre a benefici per sonno e funzioni cognitive;
  • La popolazione over 65 rappresenta il segmento che potrebbe trarre maggiori benefici dal cannabidiolo per gestire patologie legate all’invecchiamento come artrite e disturbi del sonno, con un profilo di sicurezza favorevole e un potenziale risparmio stimato di 64 miliardi di dollari annui per il sistema sanitario americano.

La posizione di Trump sul CBD: FAQ

Come agisce il CBD nel corpo umano?

Il cannabidiolo agisce sui recettori CB2 del sistema immunitario, sui recettori della serotonina e sui recettori vanilloidi implicati nella percezione del dolore. A differenza del THC, non si lega ai recettori CB1 del sistema nervoso centrale e quindi non produce effetti psicoattivi. Il CBD interagisce con il sistema endocannabinoide contribuendo a mantenere l’equilibrio dell’organismo e influenzando funzioni come dolore, umore, stress e sonno.

Perché Trump sostiene il CBD per gli anziani?

Il presidente Trump ha descritto il cannabidiolo come una potenziale rivoluzione per la salute degli anziani e alternativa ai farmaci tradizionali. Il CBD offre benefici per gestire patologie legate all’invecchiamento grazie alle proprietà analgesiche e antinfiammatorie efficaci contro artrite e dolore cronico. Può inoltre supportare le funzioni cognitive, regolare i cicli sonno-veglia, ridurre la pressione sanguigna e alleviare ansia e stress, con un profilo di sicurezza favorevole anche nei trattamenti a lungo termine.

Qual è la differenza tra CBD e THC?

CBD e THC condividono la stessa formula chimica ma presentano una disposizione atomica differente che determina effetti biologici opposti. Il THC si lega ai recettori CB1 nel cervello provocando euforia e alterazione della percezione. Il CBD si lega ai recettori CB2 del sistema immunitario senza produrre effetti psicoattivi. Il cannabidiolo può inoltre ridurre l’effetto psicotropo del THC, funzionando come agente protettivo.