Quali sono gli effetti del THCJD? Scopriamo insieme questo cannabinoide emergente

Quali sono gli effetti del THCJD? Scopriamo insieme questo cannabinoide emergente | Just Bob

Pubblicato il: 01/08/2025

L’interesse per il THCJD nasce dalla sua particolare struttura molecolare, che apre scenari inediti nel dibattito sui cannabinoidi e solleva alcuni interrogativi su effetti, sicurezza e implicazioni normative ancora da chiarire

Il dibattito sulla cannabis e i suoi derivati è in continua evoluzione: se fino a pochi anni fa si concentrava quasi esclusivamente sulla dicotomia tra THC (tetraidrocannabinolo) e CBD (cannabidiolo), oggi assistiamo all’interesse per alcuni cannabinoidi minori e semi-sintetici che stanno catturando l’attenzione di ricercatori, curiosi e, chiaramente, legislatori.
Tra questi, uno dei più recenti e discussi è senza dubbio il THCJD, o tetrahydrocannabioctyl.

Questo composto solleva interrogativi piuttosto complessi. L’obiettivo di questo approfondimento è fare luce su ciò che la scienza sa riguardo al THCJD, analizzandone la struttura, il presunto meccanismo d’azione e i potenziali effetti, mantenendo sempre un approccio obiettivo e distaccato, basato sui dati a nostra disposizione.

Questo articolo informativo si propone di essere una guida autorevole per chi vuole capire come funziona la biochimica e il contesto normativo che circondano questi “nuovi” composti. Esploreremo insieme le attuali conoscenze, focalizzandoci sulle differenze strutturali con altri cannabinoidi più noti, tra cui il CBD, e valutando le implicazioni di tali diversità, senza mai perdere di vista l’importanza della prudenza e della ricerca scientifica, unico faro in un territorio ancora in gran parte inesplorato e in cui è facile “scivolare”.

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I cannabinoidi dalla cannabis alla canapa light

La pianta di Cannabis Sativa L., dal punto di vista fitochimico, è caratterizzata da una straordinaria complessità: è in grado, infatti, di biosintetizzare numerosi composti.

Tra questi, la classe di molecole più studiata è quella dei cannabinoidi: a oggi ne sono stati identificati oltre cento. All’interno di questo vasto repertorio, due composti hanno catalizzato l’attenzione scientifica e pubblica più di ogni altro, rappresentando i due poli opposti dello spettro d’azione della pianta: il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD). Il THC è il principale responsabile degli effetti psicotropi e inebrianti associati alla marijuana, agendo come potente agonista dei recettori CB1 nel sistema nervoso centrale. Al contrario, il CBD è completamente privo di attività psicoattiva e non induce alterazioni della coscienza. Entrambi derivano da un precursore comune, l’acido cannabigerolico (CBGA), spesso definito il “cannabinoide madre”, dal quale i processi enzimatici della pianta generano le diverse linee di cannabinoidi.

Più nello specifico, col termine canapa light ci si riferisce a genetiche di Cannabis Sativa L. selezionate per esprimere un profilo cannabinoide radicalmente diverso da quello che si pensa comunemente. La caratteristica fondamentale è un contenuto di THC irrisorio, mantenuto al di sotto dei limiti legali consentiti dalla maggior parte delle legislazioni mondiali.

Questa concentrazione minima annulla qualsiasi potenziale effetto psicotropo, spostando l’attenzione sul vero protagonista fitochimico di questi prodotti: il già citato CBD, presente in abbondanza. Accanto al cannabidiolo, la canapa light offre un ricco spettro di cannabinoidi minori come il CBG (cannabigerolo) e il CBC (cannabicromene) che contribuiscono, insieme a terpeni e flavonoidi, a creare il cosiddetto “effetto entourage“. Il risultato è un fitocomplesso unico, legale e non psicoattivo, il cui interesse risiede proprio in questa specifica (e controllata) composizione chimica.

Immagine di esempio cannabis THCJD | Just Bob

THCJD: un’analisi dettagliata

La discussione sugli effetti del THCJD risiede nella sua struttura molecolare. Il THCJD è un fitocannabinoide, sebbene nella pianta di canapa sia presente in tracce così infinitesimali da renderne l’estrazione diretta commercialmente impraticabile. Per questo motivo, i prodotti contenenti THCJD sono quasi sempre il risultato di un processo di laboratorio: l’isomerizzazione del CBD estratto dalla canapa light. Questo lo classifica, di fatto, come un cannabinoide semi-sintetico.

La caratteristica che lo distingue da altri composti, in particolare dal più famoso Delta-9-THC, è la lunghezza della sua catena alchilica laterale. Mentre il THC possiede una catena laterale composta da cinque atomi di carbonio (catena pentilica), il THCJD vanta una catena composta da ben otto atomi di carbonio (catena ottilica): in biochimica, la forma e la struttura di una molecola determinano la sua funzione.

Per capire ancora meglio l’importanza di questa catena alchilica, non possiamo che parlare del sistema endocannabinoide (SEC), una complessa rete di recettori, enzimi e molecole endogene (gli endocannabinoidi) che regola funzioni fisiologiche vitali come l’umore, l’appetito, il sonno e la percezione del dolore.

I recettori principali del SEC sono il CB1, localizzato prevalentemente nel sistema nervoso centrale, e il CB2, presente soprattutto nelle cellule del sistema immunitario. L’ipotesi scientifica, corroborata da studi su altri cannabinoidi con catene lunghe come il THCP (con una catena di sette atomi di carbonio), è che una catena alchilica più lunga aumenti l’affinità di legame della molecola con il recettore CB1. Un legame più stabile e forte si traduce, teoricamente, in una stimolazione più intensa del recettore.

Dato che è proprio l’attivazione del recettore CB1 a mediare gli effetti psicotropi associati al THC, si pensa che il THCJD, con la sua catena di otto atomi di carbonio, possa esercitare un’azione più potente rispetto al THC tradizionale. Alcune fonti non verificate parlano di una potenza fino a 30 volte superiore, ma è bene sottolineare che questa cifra deriva da modelli teorici di affinità di legame e non da studi clinici controllati sull’uomo, che al momento sono completamente assenti.

THCJD a confronto con THC e THCP

Per contestualizzare meglio il THCJD, può essere utile confrontarlo con i cannabinoidi che il pubblico già conosce. Il confronto più immediato è con il Delta-9-THC, la molecola responsabile degli effetti psicotropi della marijuana, illegale in Italia e in gran parte del mondo. Come accennato, la differenza chiave è la catena alchilica (otto carboni nel THCJD contro i cinque del THC), che suggerisce una potenza psicoattiva teoricamente superiore. Mentre il THC è stato oggetto di decine di migliaia di studi scientifici, il THCJD è un territorio quasi vergine per la ricerca, e i suoi effetti, il suo profilo di sicurezza e il suo metabolismo a lungo termine sono ancora sconosciuti.

Un altro paragone fondamentale è con il THCP (tetraidrocannabiforolo). Il THCP, con la sua catena a sette atomi di carbonio, è stato identificato da ricercatori italiani nel 2019 e ha già dimostrato in studi pre-clinici un’affinità di legame per il recettore CB1 circa 33 volte superiore a quella del THC. Il THCJD può essere visto come una sorta di evoluzione strutturale del THCP per via della catena a otto carboni: è questo che solleva l’ipotesi che possa essere ancora più potente, anche se siamo comunque nel campo delle deduzioni teoriche, in attesa di conferme sperimentali. È un esempio perfetto di come la ricerca stia ancora esplorando l’interazione tra la chimica dei cannabinoidi e il complesso sistema endocannabinoide.

Le differenze sostanziali tra CBD e THCJD

Mettere a confronto il CBD e il THCJD significa paragonare due mondi molto diversi all’interno della galassia dei cannabinoidi: le differenze per struttura chimica, effetti, base scientifica e profilo di sicurezza si possono definire abissali.

Il cannabidiolo (CBD) è, come già accennato, un composto non psicotropo: non produce euforia, non altera la percezione sensoriale né le capacità cognitive. La sua fama deriva dal vasto corpus di studi scientifici che ne esplorano le potenziali applicazioni terapeutiche: la ricerca si sta concentrando sulle sue proprietà antinfiammatorie, analgesiche, ansiolitiche e anticonvulsivanti, tanto che un suo derivato purificato è alla base di farmaci approvati per il trattamento di forme rare di epilessia. Il CBD interagisce con il sistema endocannabinoide in modo indiretto, modulando l’attività dei recettori senza legarsi con forza ad essi, il che spiega l’assenza di effetti inebrianti.

Al contrario, il THCJD si posiziona all’estremo opposto dello spettro. Sebbene sia un fitocannabinoide presente in tracce, la sua struttura molecolare è unica, caratterizzata com’è da una catena laterale alchilica a otto atomi di carbonio. Come detto, la teoria è che questa coda più lunga gli conferisca un’affinità di legame con i recettori CB1 del cervello esponenzialmente superiore a quella del THC tradizionale. Di conseguenza, i suoi effetti sono descritti come intensamente psicoattivi e profondamente euforici, superando di gran lunga quelli della marijuana convenzionale.

Insomma, mentre il CBD è studiato per i suoi potenziali (e in alcuni casi, comprovati) effetti benefici, il THCJD è un cannabinoide ancora inesplorato, i cui effetti a lungo termine sono sconosciuti. La distinzione è netta: da una parte una molecola studiata e rassicurante, dall’altra un nuovo composto la cui unica notorietà, al momento, è legata alla sua formidabile potenza psicotropa.

A livello farmaceutico, il CBD è apprezzato soprattutto per le sue proprietà rilassanti e lenitive ed è al centro di una vasta ricerca scientifica che ne sta esplorando le potenziali applicazioni terapeutiche. Il THCJD, al contrario, si posiziona all’estremo opposto dello spettro: un potente agonista del recettore CB1 con un profilo di effetti presunti prettamente psicoattivi.

Ricordiamo che il consumo di CBD è consentito sotto forma di preparati farmaceutici a fini medici.

Immagine evocativa studi su effetti THCJD | Just Bob

Curiosità e considerazioni pratiche sul THCJD: dalla scoperta alla diffusione sul mercato

Il THCJD e gli altri cannabinoidi semi-sintetici meritano un’analisi molto più approfondita e dettagliata. Spesso vengono presentati come “nuove scoperte”, un’affermazione che può essere fuorviante: in realtà si tratta dell’identificazione e della sintesi di un isomero del THC che, pur potendo esistere in tracce nella pianta, non era mai stato isolato e caratterizzato in precedenza. In altre parole, più che scoperta botanica, si potrebbe parlare di un’innovazione chimica.

C’è da aggiungere che spesso questi cannabinoidi si inseriscono in zone grigie della legislazione della maggior parte dei Paesi, ed è bene sottolinearlo. Persino la nomenclatura “THCJD” è avvolta da un alone di mistero: a differenza di altre sigle come THCP (-forolo) o THCH (-esile), che hanno un riferimento chimico più chiaro, l’origine delle lettere “JD” non è stata formalmente spiegata dalla comunità scientifica e potrebbe essere, in parte, una convenzione di marketing.

Questa è l’occasione di ribadire che, laddove la vendita dei prodotti derivati dalla cannabis legale è permessa, è indispensabile affidarsi a fornitori trasparenti che forniscano analisi di laboratorio di terze parti (COA – Certificate of Analysis) per ogni lotto di prodotto e che assicurino l’assenza di qualsiasi composto psicoattivo. Questi certificati sono l’unico strumento per verificare la reale composizione del prodotto, la sua purezza e l’assenza di solventi, pesticidi o metalli pesanti oltre che di cannabinoidi ancora poco studiati, sui cui effetti non abbiamo certezze.

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THCJD: quali sono le prospettive future?

In conclusione, il THCJD si presenta come una delle frontiere più incerte nel mondo dei cannabinoidi. La sua struttura chimica, con una catena alchilica di otto atomi di carbonio, suggerisce un’interazione eccezionale con il recettore CB1, portando a ipotizzare effetti psicoattivi di intensità notevolmente superiore a quelli del THC classico. Tuttavia, è imperativo ribadire che quasi tutto ciò che si sa su questo composto è basato su estrapolazioni teoriche, confronti strutturali con molecole simili come il THCP e resoconti aneddotici non verificati.

La ricerca scientifica, con studi pre-clinici e clinici sull’uomo, è infatti praticamente assente: questo vuoto di conoscenza è senza dubbio il rischio maggiore. Non abbiamo dati certi sulla sua farmacocinetica (in poche parole, come viene assorbito, distribuito, metabolizzato ed escreto dal corpo), sul suo profilo di sicurezza a breve e lungo termine, né sulle sue potenziali interazioni con farmaci o condizioni mediche preesistenti. In poche parole, brancoliamo ancora al buio.

Il panorama legale è altrettanto fluido e instabile. Sebbene il THCJD, allo stato attuale, non possa essere considerato illegale in alcune giurisdizioni (perlomeno non in modo esplicito), la sua stretta somiglianza strutturale e funzionale con il THC lo rende un assai probabile “candidato” per future rigide restrizioni normative. Ricordiamo, una volta di più, che è fondamentale prendere in considerazione solo l’informazione scientifica per comprendere i limiti delle conoscenze attuali. In questo contesto, nei Paesi in cui la commercializzazione è consentita, il mercato consolidato e “trasparente” della canapa sativa legale e del CBD offre un porto sicuro.

Mentre la scienza continuerà il suo lento ma necessario lavoro di indagine sui nuovi cannabinoidi, è bene saper scegliere le fonti da cui informarsi, con consapevolezza e responsabilità.

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Effetti del THCJD: takeaways

  • Il THCJD è un cannabinoide semi-sintetico con una struttura molecolare unica, caratterizzata da una catena alchilica laterale composta da otto atomi di carbonio; questa configurazione suggerisce un’affinità di legame con i recettori CB1 del sistema endocannabinoide superiore a quella del THC tradizionale, il che potrebbe tradursi in effetti psicoattivi più intensi;
  • La ricerca scientifica sul THCJD è ancora agli inizi e mancano studi clinici sull’uomo che ne confermino gli effetti, il profilo di sicurezza e il metabolismo a lungo termine; le informazioni attualmente disponibili si basano principalmente su modelli teorici e confronti con altri cannabinoidi simili, come il THCP;
  • A differenza del CBD, noto per le sue proprietà non psicoattive e per le potenziali applicazioni terapeutiche, il THCJD è associato a effetti psicoattivi e la sua commercializzazione si trova spesso in una zona grigia dal punto di vista legislativo; è quindi fondamentale avvicinarsi a questo composto con cautela, affidandosi a fornitori trasparenti che garantiscano l’assenza di contaminanti e la conformità alle normative vigenti.

Effetti del THCJD: FAQ

Quali sono gli effetti psicoattivi del THCJD rispetto al THC?

Il THCJD potrebbe avere effetti psicoattivi più intensi del THC tradizionale, grazie alla sua struttura con una catena alchilica a otto atomi di carbonio, che aumenterebbe l’affinità con i recettori CB1. Alcune ipotesi parlano di una potenza fino a 30 volte superiore, ma si tratta solo di teorie basate su modelli molecolari, non confermate da studi clinici sull’uomo.

Perché il THCJD è considerato un cannabinoide semi-sintetico?

Il THCJD esiste in natura solo in tracce minime, quindi i prodotti in commercio vengono ottenuti attraverso l’isomerizzazione del CBD estratto dalla canapa light. Questo processo chimico lo rende un cannabinoide semi-sintetico, cioè prodotto in laboratorio a partire da una molecola naturale.

Qual è lo stato attuale della ricerca scientifica sul THCJD?

La ricerca sul THCJD è ancora nelle fasi iniziali. Non esistono studi clinici pubblicati sull’uomo, e le informazioni disponibili derivano da analisi strutturali e confronti teorici con altri cannabinoidi simili, come il THCP. Questo rende il THCJD un campo ancora aperto per la scienza, che dovrà chiarire i suoi effetti, il metabolismo e il profilo di sicurezza.