Che cos’è il Delta 8 THC, come agisce sull’organismo e quali sono le differenze rispetto ad altri cannabinoidi

Che cos'è il Delta 8 THC, come agisce sull’organismo e quali sono le differenze rispetto ad altri cannabinoidi | Just Bob

Pubblicato il: 08/09/2025

Il confronto tra Delta 8 THC, Delta-9 THC e CBD evidenzia come anche piccole variazioni chimiche tra molecole simili possano tradursi in effetti soggettivi e terapeutici profondamente diversi

La canapa sativa è una pianta che continua a sorprendere ricercatori e appassionati. Se per lungo tempo l’attenzione si è concentrata quasi esclusivamente sui due cannabinoidi più noti, il tetraidrocannabinolo (Delta-9-THC) e il cannabidiolo (CBD), oggi l’attenzione viene rivolta a una serie di composti minori che destano un certo interesse scientifico. Stiamo assistendo a una vera e propria “rinascita dei cannabinoidi”, un’era in cui la tecnologia ci permette di isolare, studiare e comprendere molecole che fino a poco tempo fa erano semplici note a piè di pagina nei testi di chimica.

Tra questi, il Delta-8-tetraidrocannabinolo, o più semplicemente Delta 8 THC, è uno dei più discussi e intriganti. Comprendere appieno cosa sia il Delta 8 THC richiede un’analisi approfondita che vada a esplorare la sua chimica, il suo meccanismo d’azione biologico e le sue sottili ma significative differenze rispetto ad altri fitocannabinoidi.

Approcciare il tema del Delta 8 THC significa intraprendere un lungo viaggio tra biochimica, farmacologia e giurisprudenza. A differenza del CBD, la cui popolarità è legata alle sue proprietà non psicoattive e al suo impiego in prodotti come l’olio di CBD (naturalmente nei Paesi in cui uso e vendita sono permessi), il Delta 8 THC condivide una stretta parentela chimica con il più noto Delta-9 THC, responsabile degli effetti psicotropi della marijuana.

Come vedremo, una minuscola differenza nella loro struttura molecolare si traduce in un’interazione differente con il nostro organismo: non ci resta che approfondire l’argomento, cominciando proprio dalla struttura chimica del cannabinoide in esame.

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La struttura e l’azione del Delta-8-tetraidrocannabinolo

Per conoscere a fondo il Delta 8 THC, dobbiamo partire, ovviamente, dalla chimica. Il suo nome completo, Delta-8-tetraidrocannabinolo, fornisce già un indizio: sia il Delta 8 THC che il suo più celebre cugino, il Delta-9 THC, sono isomeri, ovvero due o più molecole che possiedono la stessa formula chimica – in questo caso, C₂₁H₃₀O₂ – ma una diversa disposizione spaziale degli atomi. La differenza tra i due risiede nella posizione di un doppio legame carbonio-carbonio all’interno della loro struttura ad anello. Nel Delta-9 THC, questo doppio legame si trova sulla nona catena di carbonio; nel Delta 8 THC, come suggerisce il nome, si trova sull’ottava.

Questa differenza, per quanto possa sembrare minima a un occhio non esperto, spiega il modo in cui la molecola interagisce con il corpo umano. Una conseguenza diretta di questa diversa posizione del doppio legame è una maggiore stabilità chimica del Delta 8. Il Delta-9 THC è notoriamente instabile e tende a ossidarsi facilmente se esposto a ossigeno, luce e calore, degradandosi in cannabinol (CBN), un altro cannabinoide con un profilo di effetti completamente diverso. Il Delta 8 THC, invece, è più resistente a questo processo di ossidazione, il che si traduce in una maggiore durata di conservazione e stabilità del prodotto finito.

Ma l’aspetto più interessante riguarda l’interazione del Delta 8 THC con il sistema endocannabinoide (SEC). Il SEC è una complessa rete di segnalazione cellulare scoperta relativamente di recente, ma la cui importanza è paragonabile a quella del sistema nervoso o endocrino: agisce infatti come un “regolatore omeostatico” mantenendo l’equilibrio in una vasta gamma di processi fisiologici.

I recettori cannabinoidi di tipo 1 (CB1) e di tipo 2 (CB2) sono distribuiti in tutto il corpo. I recettori CB1 si trovano in altissima concentrazione nel sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale), specialmente in aree che governano la memoria, l’umore, la cognizione, il movimento e l’appetito. I recettori CB2, invece, sono localizzati soprattutto nelle cellule e nei tessuti del sistema immunitario e in alcune aree periferiche e hanno un ruolo nella modulazione dell’infiammazione e della risposta immunitaria.

I fitocannabinoidi come il Delta 8 THC esercitano i loro effetti legandosi a questi recettori e mimando l’azione dei cannabinoidi prodotti dal nostro corpo, i cosiddetti endocannabinoidi (come l’anandamide e il 2-arachidonoilglicerolo). Il Delta 8 THC si lega a entrambi i recettori, ma è la sua interazione con il recettore CB1 a definire il suo profilo psicoattivo. Studi farmacologici hanno dimostrato che, sebbene si leghi al CB1, lo fa con un’affinità inferiore rispetto al Delta-9 THC. In termini più tecnici, agisce come un “agonista parziale” del recettore CB1: ciò significa che, pur attivando il recettore, non è in grado di provocare la massima risposta possibile, a differenza di un agonista completo.

Ecco perché si ritiene che il Delta 8 THC possieda un potenziale psicotropo ridotto (circa la metà o due terzi di quello del Delta-9 THC): gli effetti percepiti vengono descritti come più lucidi, meno ansiogeni e più focalizzati sul corpo.

Immagine evocativa Delta 8 THC | Just Bob

Confronto tra cannabinoidi: Delta 8 THC vs. Delta 9 THC e CBD

Analizzare il Delta 8 THC in isolamento sarebbe riduttivo; il suo profilo acquista significato solo quando viene messo a confronto con gli altri attori principali della scena cannabinoide. Il paragone più immediato e necessario è con il Delta-9 THC. Sebbene entrambi siano psicoattivi, la differenza nell’esperienza soggettiva è marcata. Il Delta-9 THC è noto per i suoi potenti effetti euforici e cognitivi, che in alcuni soggetti e a dosi elevate possono sfociare in ansia, paranoia, tachicardia o alterazioni della memoria a breve termine. L’esperienza è spesso descritta come intensamente cerebrale, o “head high”.

Il Delta 8 THC, grazie alla sua interazione più mite con i recettori CB1, tende a produrre un’esperienza diversa, una sensazione di rilassamento corporeo più pronunciata, un’euforia leggera e una notevole chiarezza mentale. Molti lo descrivono come un “body high” più funzionale, che permette di rimanere produttivi e concentrati, riducendo al contempo il rischio di effetti collaterali psicologici negativi. Questa distinzione ha la sua importanza anche dal punto di vista legale: il Delta 8 THC occupa infatti una zona “grigia” che analizzeremo in seguito.

Il secondo confronto fondamentale è con il cannabidiolo. Qui la differenza è netta e sostanziale: il CBD è un cannabinoide non psicoattivo. Non produce alcuna forma di “sballo” o euforia. Il suo meccanismo d’azione è inoltre molto più complesso e pleiotropico. Anziché legarsi direttamente e con forza ai recettori CB1, il CBD ha un’affinità molto bassa per essi e agisce piuttosto come un modulatore allosterico negativo: in parole semplici, può ridurre la capacità del THC di legarsi a quel recettore. Questo spiega in parte perché il CBD è spesso usato per mitigare gli effetti indesiderati del THC.

Inoltre, il CBD interagisce con una vasta gamma di altri sistemi recettoriali, come quelli della serotonina (5-HT1A), i canali vanilloidi (TRPV1) e altri, spiegando la sua ampia gamma di applicazioni studiate. Per questo motivo, nei Paesi in cui la vendita è consentita, questo cannabinoide si trova in prodotti come l’olio di CBD, che la scienza medica sta indagando per i potenziali benefici sul benessere senza alterare lo stato di coscienza. Il Delta 8 THC, invece, pur essendo più blando del Delta-9, rimane una sostanza con effetti psicotropi definiti.

Per arricchire ulteriormente il contesto, è utile menzionare brevemente un altro cannabinoide, il CBN (Cannabinolo). Come accennato, il CBN è il prodotto dell’ossidazione del Delta-9 THC. È solo leggermente psicoattivo (circa il 10% del Delta-9 THC) ed è oggetto di studio per le sue potenziali proprietà sedative. La sua presenza in un prodotto può indicare l’invecchiamento del materiale vegetale. Questo confronto evidenzia come ogni cannabinoide possieda una “personalità” farmacologica unica, creando un mosaico di effetti che la scienza sta solo iniziando a mappare con precisione.

Delta 8 THC cannabis: immagine di esempio | Just Bob

Origine, produzione e status legale: le complessità del Delta 8 THC

Una delle curiosità più interessanti riguardo al Delta 8 THC è la sua origine. A differenza del Delta-9 THC e del CBD, che possono essere presenti in quantità significative in alcune genetiche di canapa sativa, il Delta 8 THC si trova naturalmente nella pianta solo in tracce infinitesimali, spesso inferiori allo 0,1%. Estrarlo direttamente dalla materia vegetale sarebbe quindi insostenibile dal punto di vista economico e tecnicamente inefficiente. Di conseguenza, la quasi totalità del Delta 8 THC disponibile sul mercato non è estratta, ma prodotta attraverso un processo di conversione chimica noto come isomerizzazione, che sfrutta la stretta parentela molecolare tra i cannabinoidi.

Come funziona l’isomerizzazione? Dalla canapa light viene estratto un grande quantitativo di CBD che, purificato, viene disciolto in un solvente e trattato con un acido “catalizzatore” (come l’acido cloridrico o l’acido p-toluensolfonico). Il calore e l’agitazione controllati, per un periodo di tempo specifico, favoriscono una riorganizzazione della struttura molecolare del CBD, che si “chiude” per formare l’anello tetraidrocannabinolo. Controllando le condizioni di reazione, è possibile massimizzare la produzione di Delta 8 THC rispetto al Delta-9 THC.

Al termine della reazione, la miscela deve essere accuratamente neutralizzata e purificata attraverso tecniche cromatografiche per rimuovere i reagenti (acidi e solventi) ed eventuali sottoprodotti indesiderati, isomeri sconosciuti o un eccesso di Delta-9 THC compresi. La necessità di questo complesso processo chimico rende di primaria importanza il ruolo dei test di laboratorio di terze parti per garantire la sicurezza e la purezza del prodotto finale.

Questa origine semi-sintetica è alla base della complessa questione legale del Delta 8 THC. In molte giurisdizioni, come negli Stati Uniti con il Farm Bill del 2018, la canapa e i suoi derivati sono stati legalizzati a condizione che contengano meno dello 0,3% di Delta-9 THC. Poiché il Delta 8 THC non è, per definizione, il Delta-9 THC e viene prodotto a partire dall’estratto di CBD, i suoi sostenitori hanno argomentato che rientri in una sorta di “area grigia” legale.

Tuttavia, questa interpretazione è fortemente contestata. Le autorità di regolamentazione, come la DEA negli Stati Uniti, hanno specificato che i “tetraidrocannabinoli di sintesi” rimangono sostanze controllate, e si discute se l’isomerizzazione del CBD rientri in questa definizione.
In Italia, qualsiasi sostanza che produca effetti psicotropi, indipendentemente dalla sua origine, rischia di ricadere nell’ambito del Testo Unico sugli Stupefacenti (DPR 309/90), rendendo la produzione, la vendita e il possesso di Delta 8 THC illegali. La situazione giuridica è dunque precaria e in costante evoluzione. La massima cautela è d’obbligo: ricordiamo che qualsiasi uso di sostanze deve avvenire nel pieno rispetto della legalità. Questo vale anche per sostanze non psicotrope come il CBD.

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Delta 8 THC: serve un approccio consapevole e scientifico

Il Delta 8 THC è l’emblema della rapida evoluzione del mondo dei cannabinoidi. Non è più sufficiente parlare genericamente di “canapa” o distinguere solo tra THC e CBD. L’emergere di composti come il Delta 8 THC ci obbliga ad approfondire la conoscenza delle diverse molecole e dei diversi composti.

Abbiamo visto come una sottile differenza nella struttura chimica – la posizione di un doppio legame – possa tradursi in una maggiore stabilità, un profilo farmacologico unico e un’esperienza soggettiva distinta, posizionando questo cannabinoide in uno spazio intermedio tra l’azione non psicoattiva del CBD e quella intensa del Delta-9 THC.

La sua azione come agonista parziale del sistema endocannabinoide, mediata da un legame più debole con i recettori CB1, spiega scientificamente i suoi effetti più miti e gestibili, che hanno catturato l’interesse della ricerca scientifica. Allo stesso tempo, la sua origine prevalentemente semi-sintetica, ottenuta tramite la conversione chimica del CBD estratto dalla cannabis legale, solleva importanti questioni sulla produzione, la purezza e la regolamentazione. Il processo di isomerizzazione, se non condotto con estremo rigore, può lasciare residui e sottoprodotti potenzialmente dannosi: ciò rende ancora più chiaro quanto siano importanti test di laboratorio indipendenti e trasparenti.

Il panorama legale del Delta 8 THC, in evoluzione, riflette la difficoltà dei legislatori nel tenere il passo con l’innovazione scientifica e di mercato. In Italia, la sua natura psicoattiva e la sua origine sintetica lo pongono al di fuori della legalità. Per l’appassionato, questo significa che l’approccio più saggio è quello basato sulla ricerca delle informazioni più affidabili e sul rispetto della legge.

Si ricorda che i prodotti derivati dalla canapa disponibili su Justbob, che includono infiorescenze, derivati come l’olio di CBD e altri articoli a base di canapa sativa, sono destinati esclusivamente a uso tecnico, collezionismo o ricerca e sviluppo, e non sono intesi per il consumo umano in alcun modo. La fiducia si costruisce sulla conoscenza, e conoscere a fondo molecole come il Delta 8 THC è il primo passo per navigare con consapevolezza un settore affascinante, a cui accostarsi con prudenza.

Delta 8 THC: takeaways

  • Il Delta 8 THC si distingue dagli altri cannabinoidi come il Delta-9 THC e il CBD per una sottile differenza nella struttura molecolare, che spiega una minore psicoattività rispetto al Delta-9 THC e l’assenza di effetti intossicanti tipica del CBD;
  • La sua interazione con il sistema endocannabinoide avviene tramite un legame più debole con i recettori CB1, che si traduce in effetti percepiti come più lucidi e focalizzati sul corpo, offrendo un’esperienza intermedia tra la potenza del Delta-9 THC e la neutralità del CBD;
  • Il Delta 8 THC non è estratto direttamente dalla pianta di canapa in quantità significative, ma è prevalentemente prodotto tramite un processo di conversione chimica del CBD, sollevando questioni di purezza e uno status legale complesso e in costante evoluzione.

Delta 8 THC: FAQ

Che cos’è il Delta 8 THC e in cosa si differenzia dal Delta-9 THC?

Il Delta 8 THC è un cannabinoide presente in tracce nella canapa sativa, simile al Delta-9 THC, ma con una leggera differenza nella struttura molecolare: il doppio legame si trova sull’ottavo carbonio anziché sul nono. Questa variazione lo rende chimicamente più stabile e meno psicoattivo, generando effetti percepiti come più lucidi, corporei e meno ansiogeni rispetto al Delta-9 THC.

Come agisce il Delta 8 THC sull’organismo umano?

Il Delta 8 THC interagisce con il sistema endocannabinoide, in particolare con i recettori CB1 e CB2. Si lega al recettore CB1 come agonista parziale, provocando un’attivazione più moderata rispetto al Delta-9 THC. Questo spiega la sua psicoattività ridotta e una sensazione di rilassamento corporeo più marcata, con minori effetti collaterali a livello psicologico.

Qual è lo status legale del Delta 8 THC in Italia?

In Italia, il Delta 8 THC non è legalmente consentito poiché, pur derivando dal CBD estratto dalla canapa, produce effetti psicoattivi e viene ottenuto tramite un processo chimico di isomerizzazione. La normativa italiana considera illegale qualsiasi sostanza con effetto psicotropo, rendendo produzione, vendita e possesso del Delta 8 THC potenzialmente perseguibili.